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Rischio o pericolo? La differenza che dovresti conoscere

Nel mondo della sicurezza sul lavoro, ci sono parole che abbiamo sentito decine di volte. Ma spesso le conosciamo solo in apparenza. “Rischio” e “pericolo” sono due tra queste. Le usiamo quasi come fossero sinonimi, nella convinzione che “rischioso” significhi semplicemente “pericoloso” e viceversa. In realtà, sono concetti molto diversi. E saperli distinguere fa la differenza tra una valutazione efficace e una sottovalutazione che può costare cara. 

Chi lavora in azienda, chi gestisce un reparto produttivo, chi ogni giorno prende decisioni che riguardano impianti, persone, processi… dovrebbe partire proprio da qui. 

Cos’è davvero un pericolo? 

Un pericolo è la presenza di qualcosa che può causare un danno. È una fonte di potenziale lesione o malattia, indipendentemente dal fatto che il danno si verifichi davvero. In altre parole, il pericolo è una caratteristica insita in una luogo,  un’attrezzatura, un impianto , una sostanza, un comportamento. 

Facciamo qualche esempio concreto, di quelli che ogni azienda potrebbe incontrare: 

  • Un tornio senza protezioni sugli organi in movimento. Anche se nessuno si è mai fatto male, è oggettivamente pericoloso. 
  • Un detergente industriale con simbolo corrosivo, lasciato aperto in un locale tecnico. 
  • Un quadro elettrico aperto, con fili scoperti, vicino alla zona carico/scarico merci. 
  • Un oggetto pesante  
  • Un tetto senza parapetto 

Questi sono tutti pericoli, anche in assenza di incidenti. Perché? Perché in ciascuno di questi casi esiste la possibilità concreta che qualcosa vada storto, con conseguenze potenzialmente gravi. 

E allora, cos’è il rischio? 

Il rischio è qualcosa di diverso. È la probabilità che un pericolo si trasformi in un danno reale, e la gravità di quel danno. 

Il rischio nasce dall’interazione tra il pericolo, il contesto operativo e i comportamenti delle persone, in un rapporto di causa- effetto 

Riprendiamo uno degli esempi sopra: un detergente corrosivo. È pericoloso di per sé. Ma il rischio dipenderà da come viene gestito. Se il contenitore è chiuso, ben etichettato, conservato lontano dai passaggi, usato con guanti e occhiali di protezione da personale formato, allora il rischio è contenuto. Ma se quel prodotto viene utilizzato senza DPI, travasato in bottiglie anonime o lasciato su un banco di lavoro, allora il rischio – e quindi la probabilità di un incidente – aumenta drasticamente. 

Il pericolo non cambia, ma il rischio sì, e dipende da noi. 

Esempi tratti dalla quotidianità aziendale 

Chi lavora in produzione, in logistica, in manutenzione, conosce bene certe dinamiche. Proviamo a immaginare alcune scene comuni: 

In un’azienda metalmeccanica 

C’è una smerigliatrice in officina, perfettamente funzionante, ma il carter protettivo viene rimosso “per lavorare meglio”. Il pericolo è noto: l’abrasione ad alta velocità può causare ferite profonde. Il rischio aumenta nel momento in cui l’operatore, magari stanco o sotto pressione per i tempi di consegna, lavora senza protezioni. Bastano pochi secondi di disattenzione per trasformare il pericolo in un danno. 

In un’azienda alimentare 

La cella frigorifera viene lavata ogni settimana con prodotti sanificanti. Il pavimento, però, resta bagnato e scivoloso per ore. Il pericolo è la scivolosità. Il rischio dipenderà dalla presenza o meno di segnaletica, dall’uso di scarpe antiscivolo, dal comportamento dei lavoratori che entrano e escono dalla cella. 

In una piccola azienda artigiana 

Un collaboratore sale su uno sgabello per prendere una scatola da uno scaffale alto. La scala è un pericolo. L’uso della scala (in termini di frequenza e modalità)  aumenta il rischio di caduta. 

In un ufficio amministrativo 

Una ciabatta multipresa sovraccaricata, magari nascosta sotto una scrivania, collegata a stampanti, monitor e computer. Il pericolo elettrico esiste. Se l’impianto è vecchio, non verificato, e non si fa attenzione ai “carichi” che la presa può sopportare, il rischio di corto circuito  o incendio da sovracorrenti  aumenta. 

Perché saper distinguere tra rischio e pericolo è così importante? 

Perché ogni strategia di prevenzione – dalla valutazione dei rischi alla formazione, fino alla scelta delle misure tecniche e organizzative – parte proprio da questa distinzione. 

Un errore comune è pensare che, in assenza di infortuni, non ci sia rischio. Ma la mancata consapevolezza del rischio è essa stessa un rischio. Perché porta a sottovalutare i segnali, a trascurare le manutenzioni, a ignorare quei “piccoli gesti quotidiani” che nel tempo diventano condizioni o comportamenti insicuri. 

Un cavo che penzola, una scaffalatura instabile, una soglia rialzata… quanti incidenti nascono da situazioni “nate così” e mai più riviste? 

Capire che il pericolo è costante ma il rischio è modificabile, ci aiuta a ragionare in termini di prevenzione, non solo di reazione. 

La sicurezza nasce dalla consapevolezza 

La sicurezza sul lavoro non si costruisce solo con i cartelli, le norme e le procedure. Si costruisce con la capacità di osservare, di porsi domande, di non dare mai nulla per scontato. 
Chi lavora in azienda ogni giorno ha un ruolo attivo. Può segnalare, suggerire, adottare comportamenti responsabili. Ma solo riconoscendo i pericoli, è in grado di  valutare correttamente i rischi ad essi correlati.  

In conclusione 

Il pericolo è ovunque. Ma non è inevitabile. 
Il rischio, invece, possiamo valutarlo, contenerlo, gestirlo. Ed è proprio lì che la sicurezza diventa qualcosa di reale, concreto, quotidiano. 

Ecco perché distinguere tra pericolo e rischio non è solo una definizione da manuale: è il primo passo per prendersi cura delle persone, dell’ambiente di lavoro, e dell’impresa stessa. 

Perché nessuna attività è troppo piccola per preoccuparsi della sicurezza. Ma ogni gesto, anche il più piccolo, può fare la differenza. 

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