Il 2025 segna una svolta importante per la tutela dell’ambiente in Italia.
Con il Decreto-legge n. 116 dell’8 agosto 2025, il Governo ha deciso di inasprire in modo significativo le pene per chi abbandona, gestisce o traffica rifiuti in modo illecito.
Una scelta dettata non solo dalla necessità di contrastare i reati ambientali, ma anche dalla condanna inflitta all’Italia dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che ha riconosciuto la mancanza di adeguata protezione dei cittadini esposti ai roghi tossici nella Terra dei Fuochi.
In altre parole, si è voluto dare un segnale forte: la tutela dell’ambiente non è più un tema rimandabile, ma una priorità nazionale.
Perché questo decreto è così importante
Il decreto nasce con tre obiettivi chiari:
- Colpire chi abbandona rifiuti, soprattutto quando lo fa utilizzando veicoli o mezzi industriali;
- Regolare meglio la gestione e la spedizione illegale dei rifiuti, anche pericolosi;
- Finanziare interventi di bonifica e ripristino ambientale, con particolare attenzione alle aree più colpite dal degrado.
In sintesi, non si tratta solo di punire, ma anche di prevenire e riparare: due parole che descrivono bene la nuova filosofia di fondo del decreto.
Le novità più rilevanti per cittadini e imprese
Le modifiche introdotte al Testo Unico Ambientale (d.lgs. 152/2006) e al d.lgs. 231/2001 cambiano profondamente lo scenario per chi opera nel settore ambientale.
Le sanzioni aumentano, le responsabilità si allargano e le imprese sono chiamate ad adottare un approccio più rigoroso e strutturato.
Abbandono e combustione dei rifiuti
Per l’abbandono di rifiuti non pericolosi le multe salgono da 1.500 a 18.000 euro, con sospensione della patente fino a 4 mesi se l’abbandono avviene con un veicolo.
Ma se il gesto comporta un rischio per la salute o per l’ambiente, può trasformarsi in reato penale con reclusione fino a 5 anni e 6 mesi.
E nei casi più gravi, come l’abbandono o la combustione di rifiuti pericolosi, le pene possono arrivare a 6 o 7 anni di carcere, soprattutto se l’evento si verifica in un sito contaminato o causa danni a persone o ecosistemi.
In sostanza, oggi anche ciò che poteva sembrare una “semplice violazione amministrativa” può avere conseguenze penali molto serie.
Gestione, trasporto e traffico illecito
Le novità più rilevanti riguardano anche chi gestisce rifiuti senza le dovute autorizzazioni.
In questi casi si rischia la reclusione fino a 5 anni, la confisca dei mezzi utilizzati, la sospensione o cancellazione dall’Albo Gestori Ambientali, e la sospensione della patente.
Le spedizioni illegali di rifiuti oltre i confini nazionali — fenomeno purtroppo frequente — vengono punite con la reclusione da 1 a 5 anni, con pene più severe per i rifiuti pericolosi o se il reato avviene nell’ambito di un’attività d’impresa.
Quando è l’impresa a rispondere
Una delle innovazioni più significative è l’introduzione dell’art. 259-bis, che introduce una “aggravante dell’attività d’impresa”.
Se il reato viene commesso nell’ambito di un’attività organizzata o aziendale, le pene aumentano di un terzo.Ma non è tutto: si estendono anche le responsabilità amministrative previste dal D.Lgs. 231/2001, con sanzioni pecuniarie più alte e possibili interdizioni dall’attività.
In parole semplici, le aziende sono chiamate a fare un salto di qualità nella gestione dei rischi:
non basta “rispettare la norma”, serve dimostrare di avere un sistema di controllo efficace.
Videosorveglianza e controlli più smart
Il decreto punta anche a rendere i controlli più efficienti.
Per esempio, oggi è possibile accertare le violazioni tramite immagini di videosorveglianza, anche per piccoli rifiuti come mozziconi o scontrini.
Un segnale chiaro: ogni gesto conta, e anche i comportamenti apparentemente minori contribuiscono al degrado ambientale.
Un quadro normativo che cambia il modo di fare impresa
Con l’entrata in vigore del D.L. 116/2025, la gestione dei rifiuti non è più solo un adempimento tecnico, ma un vero e proprio tema di governance aziendale.
Le imprese devono oggi valutare attentamente i propri processi, aggiornare le procedure, rivedere i Modelli Organizzativi 231 e investire in formazione e sensibilizzazione del personale.
La parola d’ordine diventa responsabilità: verso l’ambiente, verso la comunità e verso se stessi.
L’impegno di Gruppo Remark
In questo scenario, Gruppo Remark è al fianco delle aziende per aiutarle a orientarsi tra norme, controlli e buone pratiche.
Da oltre trent’anni lavoriamo per costruire una cultura della sicurezza e della sostenibilità, accompagnando le imprese italiane nel percorso verso una gestione più consapevole e conforme.
Il nostro team affianca i clienti nel:
- verificare la conformità normativa in materia ambientale;
- aggiornare i Modelli Organizzativi 231 secondo le nuove disposizioni;
- formare i dipendenti sulle corrette procedure di gestione dei rifiuti;
- e implementare sistemi di monitoraggio ambientale integrati con gli standard ISO.
Perché crediamo che la sostenibilità non sia solo un obbligo, ma una scelta di valore.
Una scelta che tutela l’ambiente, rafforza la reputazione dell’impresa e crea fiducia con clienti, fornitori e territorio.
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